Sul clima europeo non ci siamo. Mentre non si sa che fine facciano gli impegni sul clima sottoscritti dalla Gran Bretagna assieme all’Europa durante la Cop21 a causa della Brexit, e le notizie non sono incoraggianti visto che uno dei primi atti del nuovo governo britannico, è stata l’abolizione del Dipartimento per l’energia e il clima, la Commissione Europea ha lanciato una nuova proposta, la “Effort Sharing Regulation”, per fissare gli obiettivi vincolanti nella riduzione delle emissioni di gas climalteranti per il periodo 2021-30.
La proposta riguarda i settori dell’economia europea non regolati dall’Emission Trading System dell’Ue e che includono l’edilizia, l’agricoltura, la gestione dei rifiuti e i trasporti. Settori che pesano per quasi il 60% del totale delle emissioni nel 2014.
Gli Stati membri avranno obiettivi nazionali di emissioni per il 2030, espressi come riduzione percentuale rispetto ai livelli del 2005, come pure accesso a nuove flessibilità che consentano di raggiungere gli obiettivi con attenzione ai costi.
Collettivamente, gli obiettivi nazionali danno una riduzione complessiva per l’Ue del 30% nei settori coperti dalla proposta. Gli obiettivi al 2030 vanno dallo 0% al meno 40% rispetto al 2005.
Per l’Italia l’obiettivo è fissato al -33% (riduzione delle emissioni al 2030 rispetto al 2005). «Si tratta di obiettivi realistici, equi e flessibili», ha detto il commissario europeo al Clima e all’Energia Miguel Arias Canete in conferenza stampa.
La reazione nel nostro paese non si è fatta attendere. Per il Wwf le proposte sul clima della Commissione Europea, che coprono il 60% delle emissioni, non riflettono l’impegno assunto dall’Europa a Parigi: quello di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei2°C, e possibilmente a 1.5°C.
Le proposte, invece, introducono una flessibilitá che consente agli Stati Membri di non intraprendere le azioni per ridurre le emissioni. Gli Stati Membri, per esempio possono trasferire crediti di carbonio dall’Emission Trading System e usare l’assorbimento di carbonio dalle foreste per avvicinarsi al loro obbiettivo di riduzione delle emissioni. Dal Wwf, fanno sapere anche che la Commissione non è allineata con gli impegni climatici internazionali e ha incluso nella sua proposta anche delle “scappatoie” che consentono ai Paesi di “barare” sulle azioni reali per il clima.
Di parere diametralmente opposto il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti che ha commentato: «Sulla riduzione delle emissioni di gas serra l’Italia è sempre pronta a fare la sua parte, ma la proposta di distribuzione delle quote della Commissione Europea per i settori non ETS e i meccanismi di flessibilitá previsti non sono equi e non tengono conto dei grandi passi in avanti fatti nel tempo dal nostro Paese. I criteri fissati dalla Commissione – prosegue il ministro – impongono a Stati early mover come l’Italia, cioè che prima degli altri hanno applicato politiche virtuose di riduzione, sforzi superiori a quelli che vengono chiesti a Paesi che hanno ridotto di meno in questi anni. In particolare, il punto di partenza per la riduzione prevista non tiene incredibilmente in conto il raggiungimento, e per l’Italia l’ampio superamento, degli obiettivi fissati al 2020, nè paradossalmente la ridotta incidenza della nostra agricoltura nella produzione di emissioni inquinanti. La Commissione finisce così per premiare chi emette di piú e punisce i comportamenti virtuosi».
Ma dal mondo ambientalista si rincara la dose e anche per Legambiente i provvedimenti dell’Europa sono giudicati insufficienti.
«I target nazionali, inclusi nella proposta di regolamento adottata oggi dalla Commissione, sono inadeguati e deboli rispetto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi per fronteggiare la crisi climatica in corso. – dice Mauro Albrizio, direttore dell’Ufficio Europeo di Legambiente – L’Europa deve impegnarsi a ridurre veramente le sue emissioni complessive di almeno il 55% entro il 2030 rispetto al 1990 e per farlo è necessario aumentare i target rispetto al 2005 per i settori non-ETS (trasporti, edifici, agricoltura e rifiuti) dal 30% al 45% e per i settori ETS – centrali elettriche e gran parte degli impianti industriali – dal 43% al 60%».
E i dati darebbero ragione agli ambientalisti. Secondo il Rapporto di Ecofys solo con il raggiungimento congiunto degli obiettivi del 30% di rinnovabili e del 40% di efficienza energetica si realizzerebbe una riduzione delle emissioni climalteranti del 54%.
Mentre nel periodo 1990-2014 si è registrato un forte disaccoppiamento tra riduzione delle emissioni e l’aumento del Pil: le emissioni sono diminuite del 24.4% e il Pil europeo è invece aumentato del 47%. Quindi l’Europa è in grado di far fronte a obiettivi più ambiziosi. E sufficiente avere la volontà politica di mettere il clima al primo posto.
Lascia un commento