100% rinnovabile al 2050. Per molti decisori politici un’utopia, per gli ambientalisti un imperativo climatico, per alcune nazioni che annegano nell’inquinamento una necessità, per i cittadini un’opportunità di risparmio e per alcune aziende un traguardo di mercato. E spesso si tralascia la questione dell’occupazione. È un vizio che abbiamo, solo italiano, di fare molta fatica a inquadrare le questioni ambientali anche in un contesto sociale. Eppure la transizione al 100% rinnovabili avrebbe degli effetti benefici anche sull’occupazione, oltre che generali. Lo afferma una ricerca internazionale guidata da Mark Z. Jacobson dell’università di Stanford “100% Clean and Renewable Wind, Water, and Sunlight All-Sector Energy Roadmaps for 139 Countries of the World” che ha sviluppato delle road map per la transizione energetica verso l’utilizzo totale delle rinnovabili al 2050 in 139 paesi che potrebbero essere “spinti” in quella data esclusivamente dal vento, dall’acqua e dal Sole, sostituendo totalmente le energia fossili e creando nuova occupazione stabile e permanente per 24,3 milioni di persone. In realtà i posti di lavoro creati da questo traguardo delle rinnovabili sarebbero 52 milioni, ma i ricercatori del team hanno voluto avere un approccio complessivo e hanno contabilizzato nell’analisi anche i posti di lavoro perduti nel settore fossile, 27,2 milioni e così hanno ottenuto il risultato, positivo: incremento netto di 24,3 milioni. Il tutto riducendo sia il prezzo dell’elettricità sia l’intensità energetica, attraverso l’efficienza energetica con una diminuzione sugli utilizzi finali del 42,5%, centrando così l’obiettivo più stringente dell’accordo di Parigi sul clima: l’aumento di 1,5° al 2100. E l’approccio che hanno usato i ricercatori è conservativo visto che hanno utilizzato per la creazione del modello solo ed esclusivamente le rinnovabili mature sotto al profilo tecnologico e commerciale come idroelettrico, eolico e fotovoltaico, escludendo tutte quelle tecnologie che pur essendo promettenti non sono ancora competitive, come le maree, il moto ondoso e vettori come l’idrogeno. «Queste sono tecnologie che potrebbero essere competitive verso il 2040, ma noi abbiamo bisogno di produrre energia da fonti pulite oggi», affermano gli scienziati. I modelli utilizzati dai ricercatori per arrivare ai numeri sugli addetti ai lavori sono quelli messi a punto dai NREL – i laboratori pubblici sulle rinnovabili statunitensi – Jobs e Jedi che valutano l’occupazione e l’impatto sullo sviluppo economico relativo alle fonti verdi. Si tratta di modelli che valutano tutti gli aspetti economici e sociali delle rinnovabili come l’occupazione diretta, i riflessi sul quella indiretta dovuta alle filiere produttive dell’indotto e l’occupazione generata dall’incremento del valore sociale sui territori.
Lavori&lavori
E sulla tipologia dei lavori è necessario fare chiarezza. Se da un lato la realizzazione delle infrastrutture di generazione e di trasmissione dell’energia producono occupazione durante la loro realizzazione, i ricercatori hanno sentito la necessità di specificare il fatto che tutti i numeri citati nella loro ricerca si riferiscono all’occupazione diretta, indiretta e indotta permanente. Mentre le stime non riguardano i cambiamenti occupazionali che possono esserci al di fuori della generazione elettrica come la manifattura di veicoli elettrici, delle fuel cell e delle batterie. Il motivo di ciò risiede nel fatto che si tratta di sviluppi le cui dinamiche sono incerte, sotto al profilo delle connessioni causa effetto. Ragione per la quale i ricercatori hanno preferito presentare risultati determinati per difetto. Ossia i posti i lavoro potrebbero essere di più. E veniamo al dettaglio per l’Italia. I numeri prodotti dai ricercatori, per i 139 paesi, con la modellistica sono molto precisi. Lo scenario 100% rinnovabili al 2050 per il belpaese produrrà posti di lavoro full time e permanenti nella realizzazione di infrastrutture e sistemi di generazione rinnovabili che saranno 300 mila, mentre quelli, sempre con le stesse caratteristiche impegnati nell’esercizio dei sistemi di generazione a rinnovabili saranno 350 mila. Nel frattempo gli addetti alla generazione fossile che perderanno il lavoro saranno 164 mila. Il saldo netto a favore delle rinnovabili, e quindi d’aumento dei posti di lavoro, sarà di 486 mila nuovi addetti. Ragionando in termini finanziari tutto ciò si tradurrà in un guadagno annuale, per la costruzione e l’operatività, di 45,7 miliardi di euro, ai quali deve essere sottratto il valore delle perdite di posti di lavoro nel settore fossile che è di 11,56 miliardi di euro. Anche in termini di valore, quindi, il bilancio è positivo visto che avremo guadagni annui per 34,16 miliardi di euro. Due punti abbondanti di Pil. Il tutto andando a energie rinnovabili e con ogni probabilità con un buon numero di auto elettriche visto che il rapporto The European House-Ambrosetti da tra i tre e i nove milioni di auto elettriche circolanti sulle nostre strade al 2030. E il conto potrebbe essere anche più positivo, se si considerassero contesti economici più ampi.
Il valore dell’indotto
«Quando si pensa al lavoro e alle rinnovabili ci si riferisce all’installazione di impianti o tutt’al più alla realizzazione di componentistica come i panelli fotovoltaici. – ci dice Paolo Pietrogrande, esperto di rinnovabili e Managing Partner di Netplan Management Consulting – Mentre nel conto delle rinnovabili non troviamo mai ne i settori delle macchine utensili, ne quelli della componentistica, come gli inverter, che non sono mai contabilizzati ai fini dei posti di lavoro legati alle rinnovabili, magari perché questi settori producono anche per altro e non solo per le fonti d’energia rinnovabile». Si tratta di settori che però godono di ottima salute al punto che sono spesso oggetto di “appetiti” da parte delle multinazionali. Alcuni anni fa, nel 2007, all’inizio del boom del fotovoltaico la multinazionale Applied Materials acquistò la trevigiana Baccini che possiede il 70% del mercato mondiale delle macchine per la serigrafia delle celle solari e che ha tra i principali clienti i cinesi, mentre Power One, tra le prime aziende al mondo del settore degli inverter, prima passò in mano a un fondo d’investimento a stelle e strisce che la portò dalla nona alla seconda posizione nel mondo nel settore degli inverter fotovoltaici, per poi cederla alla multinazionale ABB. E poi c’è la cessione di uno dei gioielli dell’efficienza energetica industriale italiana, Climaveneta che nel 2015 è stata ceduta a Mitsubishi. E questi sono tre tipologie d’aziende di pregio i che i nuovi proprietari non hanno delocalizzato fuori dall’Italia.
Italia: quasi sul podio
Tornando alla ricerca si nota che è a livello globale, ma i dati sono resi anche paese per paese e ciò consente un’analisi più analitica, sia sotto al profilo dei contesti energetici, sia dal punto di vista dell’impegno delle singole nazioni dal punto di vista del favorire l’installazione delle rinnovabili. Con questo punto di vista abbiamo utilizzato i dati forniti dai ricercatori, circa l’incremento, o la perdita, netti dei posti di lavoro, incrociandoli con gli abitanti delle singole nazioni ed ottenendo così un indicatore circa le potenzialità nella produzione d’occupazione, in base alla popolazione. Così abbiamo ottenuto un indicatore aggiuntivo che non valuta solo l’efficacia dello scenario 100% rinnovabili al 2050, in termini di numeri di posti di lavoro assoluti, ma anche ciò che succede in base alla popolazione, ragionando, quindi, su un contesto demografico si riesce a capire quali siano le potenzialità effettive dei singoli paesi. E le sorprese non mancano. Il paese in testa è la piccola Olanda, dove lo scenario produrrà 9,35 posti di lavoro (159 mila) – che sono questi casi quelli nuovi al netto di quelli persi nel segmento fossile – ogni mille abitanti, mentre la medaglia d’argento la conquista la Germania con 9,30 (763 mila) seguita a ruota dal Giappone, con 8,8 addetti (1,2 milioni). Manca il podio per poco l’Italia che arriva al quarto posto con 7,9 posti di lavoro (486 mila) ogni mille abitanti, battendo la Cina che si piazza al quinto con 6,2 addetti (9,1 milioni) che è a sua volta incalzata dalla Danimarca con 6,1 posti di lavoro (35 mila). Staccati di parecchio gli Stati Uniti con 5,8 addetti per 1.000 abitanti (1,9 milioni) che sono seguiti dal Sud Africa, con 5,2 posti di lavoro (297 mila) e infine il Cile con 2,7 posti di lavoro (49 mila) ogni mille abitanti. Negativi, invece, tutti i valori in termini d’occupazione dei paesi produttori di energia fossile. Due casi per tutti. L’Arabia Saudita perderà 444 mila posti di lavoro, ossia 13,4 ogni mille abitanti e la Norvegia 151 mila che rapportati ai 5,3 milioni di abitanti, significa una perdita di 28,4 addetti ogni mille abitanti. Alla luce di ciò che emerge in questo scenario appaiono chiari i motivi sul perché i paesi arabi stiano varano massicci progetti sulle rinnovabili, mentre la Norvegia che ha un fondo sovrano da 1.000 miliardi di dollari alimentato dal petrolio – che fanno 189 mila dollari a persona – ha iniziato a disinvestire dai fossili diversificando una prima quota del fondo di 37 miliardi, circa il 4%. Anche i paesi fossili sembra abbiano capito che per l’energia fossile sembra non esserci futuro.
Approfondimento: Sud Africa insoddisfatto
Sviluppi le rinnovabili ed è subito sciopero. è successo in SudAfrica dove il ministro per l’Energia, Jeff Radebe, ha annunciato un grande piano per le rinnovabili che prevede la realizzazione di 27 progetti sulle rinnovabili con investimenti per oltre quattro miliardi di dollari, in tre anni. Che, secondo il Governo, dovrebbero sviluppare benessere e occupazione soprattutto nelle zone rurali. Durante la fase di concentrazione, però, i sindacati hanno fatto saltare il tavolo, bloccando di fatto la firma e quindi la partenza del piano. Motivo: il rischio di licenziamenti nel settore del carbone. Per i sindacati la Eskom, l’ente nazionale per l’energia elettrica, raggiungerebbe con le rinnovabili previste una capacitá di produzione elettrica che avrebbe come conseguenza la chiusura forzata degli impianti a carbone e il licenziamento dei dipendenti. Radebe, ha replicato dicendo che i 27 progetti sulle rinnovabili porteranno 61.600 posti di lavoro tutti livello locale. Già una buona anticipazione dei 297 mila previsti al 2050.
POSTI DI LAVORO NELLO SCENARIO 100% RINNOVABILI AL 2050 | ||
Paese | Nuovi addetti ogni 1.000 abitanti | Posti di lavoro |
Olanda | 9,35 | +159 mila |
Germania | 9,30 | +763 mila |
Giappone | 8,8 | +1,2 milioni |
Italia | 7,9 | +486 mila |
Cina | 6,2 | +9,1 milioni |
Danimarca | 6,1 | +35 mila |
Stati Uniti | 5,8 | +1,9 milioni |
Sud Africa | 5,2 | +297 mila |
Cile | 2,7 | +49 mila |
Norvegia* | -28,4 | -151 mila |
Arabia Saudita* | -13,4 | -444 mila |
*paesi a bilancio negativo (perdita posti di lavoro)
Fonte: elaborazione Sergio Ferraris su dati della ricerca “100% Clean and Renewable Wind, Water, and Sunlight All-Sector Energy Roadmaps for 139 Countries of the World” e Nazioni Unite
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