Chiara Tonelli
Che l’Italia possieda delle nicchie industriali d’assoluta eccellenza è fuori di dubbio, così come è risaputo che quest’eccellenza troppo spesso sia messa nell’ombra dai governi stessi. Uno dei casi eclatanti per il settore dell’efficienza energetica è rappresentato dalla bioedilizia, campo nel quale siamo all’avanguardia e che ha enormi potenzialità di mercato. Un settore sottovalutato dalla politica, sia nazionale che locale. E la cosa diventa ancora più evidente quando ci si accorge che le tecnologie e le metodologie utilizzate nel nostro paese sono prime nel mondo. É il caso di Rhome for denCity, la casa passiva “made in Rome” che si è classificata prima assoluta al Solar Decathlon Europe 2014 che si è tenuto lo scorso anno a Parigi e che ha sbaragliato sotto tutti i profili i concorrenti, come i tedeschi e gli statunitensi.
La casa “campione del mondo” per quanto riguarda efficienza energetica e sostenibilità è frutto della tenacia dell’architetto Chiara Tonelli, Docente di Tecnologie dell’Architettura all’Università Roma 3, che con una giovane squadra ha messo a punto, nell’indifferenza generale, una vera e propria piattaforma di sperimentazione concreta. La casa progettata non è tagliata su misura dell’Italia in generale, ma sul ‘problematico’ quartiere romano di Tor Sapienza.
«Per realizzare Rhome abbiamo testato combinazioni tecnologiche tra edificio e impianti, utilizzando sia studi teorici e modellazioni computerizzate, sia sperimentazioni sul campo - dice Chiara Tonelli - e questa strada rappresenta uno dei sistemi più efficaci per mettere assieme la teoria e la pratica».
L’utilizzo di una solida base scientifica coniugata con una concreta azione basata sul pragmatismo empirico per Chiara Tonelli è fondamentale anche perché la modellazione computerizzata difficilmente riesce a rappresentare tutte le variabili di una gestione complessa, come quella energetica delle abitazioni, dove i fattori in gioco e le loro interazioni sono tutt’ora oggetto di studio.
I flussi energetici in entrata e uscita, i vettori d’energia utilizzati, le differenti condizioni climatiche, sia geografiche sia temporali sono tutte variabili di difficile misurazione, sia in senso assoluto, sia nelle loro interazioni. Si tratta di dati che si potranno conoscere nel dettaglio in futuro con lo sviluppo e la diminuzione di prezzo della sensoristica digitale e, magari, con l’introduzione di sistemi di controllo sugli impianti e con la realizzazione di nuovi materiali che possano cambiare stato in relazione a sollecitazioni specifiche.
Visto anche che tra il rilascio di nuovi materiali, dei sistemi e la loro maturità commerciale possono passare diversi anni, nel frattempo la via maestra per la bioedilizia dei prossimi anni è quella intrapresa da Rhome. E la dimostrazione di ciò risiede nella filosofia stessa dell’abitazione.
«A una prima visione si potrebbe dire che Rhome sia troppo sperimentale, ma per vincere il Solar Dechatlon abbiamo utilizzato lo stesso approccio della Ferrari nel settore automobilistico. - prosegue Chiara Tonelli - Nella gara era importante risparmiare anche qualche decina di watt, aspetto che magari nella vita quotidiana non è strettamente necessario, specialmente quando ciò influisce sulla usabilità dell'abitazione. Ma la sperimentazione spinta è utile anche perché qualche anno dopo queste soluzioni diventano commerciali, come è successo appunto nella Formula Uno».
Bisogna fare attenzione, però, al fatto che buona parte delle tecnologie utilizzate in Rhome sono già sul mercato, mentre la gran parte dell’innovazione sta nel mix con le quali sono state utilizzate. E anche la logica di realizzazione orientata all’utilizzo è stata tenuta in grande considerazione, come la tradizione della vita domestica in un ambito come quello mediterraneo.
«Lo stile italiano a 360 gradi ci ha ispirato. La cucina è ampia ed è un ambiente per la socialità, oltre a essere votato alla preparazione dei cibi, mentre la camera da letto è separata e la loggia è un mix di tradizione e tecnologie», spiega Chiara Tonelli.
La tenda mobile che copre la loggia, infatti, è fotovoltaica, mentre i parapetti verticali, esposti per gran parte della giornata al sole, sono dei pannelli solari termici in grado di fornire acqua calda sanitaria ad un sistema d’accumulo da 300 litri. «È un approccio che abbiamo mutuato dal mondo della refrigerazione e che possiede come effetto accessorio quello di raffrescare grazie alla sottrazione di calore; il tutto dimensionato per il numero d’abitanti e non in base alle potenzialità energetiche delle superfici», puntualizza la Tonelli.
Per quanto riguarda i costi di realizzazione, Rhome è tra i 1.050 e i 1.400 euro per metro quadro, a seconda delle economie di scala, compresa una prima dotazione di arredi fissi, perché l’abitazione è in primo luogo concepita per l’affitto. Si tratta di una cifra che non si discosta troppo dall’edilizia tradizionale e che è stata resa possibile dall’alto livello di integrazione presente nella realizzazione fin dalla fase di progettazione.
L’utilizzo della prefabbricazione molto spinta, infatti, ha consentito di concentrare gli impianti in un’unica zona, cosa che ha permesso di spostare l’assemblaggio dal cantiere alla fabbrica, con notevoli economie di scala replicabili anche con un maggior contenimento dei costi per grandi numeri. La ripartizione dei costi è rappresentata dagli impianti per il 43%, la struttura per il 52%, le finiture per il 5%, mentre i sistemi solari, inclusi tra gli impianti, pesano solo per il 12%, smentendo così i luoghi comuni sui costi delle rinnovabili.
E i vantaggi non risiedono solo sul fronte dei costi, ma anche in quello dei tempi di costruzione. Un edificio realizzato con le tecniche di Rhome, che è un progetto multipiano anche se alla competizione è stato presentato un solo appartamento, necessita di 90 giorni, fondazioni comprese.
Entrando più nel dettaglio sul fronte energetico, Rhome ha una produzione di energia per 4.500 kWh/anno, mentre i consumi si aggirano intorno ai 1.300 kWh/anno. Ma la sorpresa sul fronte dei consumi è come questi siano divisi. Raffrescamento e riscaldamento contano per soli 210 kWh/anno, mentre la ventilazione fa “la parte del leone” con 560 kWh/anno. I restanti consumi si dividono tra i 400 kWh/anno dell’acqua calda sanitaria e i 130 kWh/anno legati all’illuminazione. Da ciò si evince il fatto che il punto cruciale dell’intero sistema è il rapporto con le condizioni climatiche esterne che influiscono in maniera essenziale, e positiva, sulle prestazioni dell’edificio.
«Ora con una vittoria di questo tipo che coinvolge expertise tutte italiane, vorremmo portare la prossima edizione del Solar Decathlon a Roma. Ma serve una volontà più forte da parte della politica», conclude Chiara Tonelli.
E se il buon giorno si vede dal mattino questo grande interesse da parte del nostro Governo non è che sia evidente. Lo scorso anno, infatti, l’Italia fu l’unica a non essere rappresentata a livello istituzionale a Parigi, nonostante lo staff di Rhome durante la gara abbia superato le prove preliminari una dopo l’altra. A parole ora sono tutti con la casa ecologica “campione del mondo”, ma di fatti ancora non se ne vedono. E a ciò bisogna aggiungere che gli obiettivi europei al 2030, adottati sotto alla presidenza italiana, non sono vincolanti proprio sull’efficienza energetica.