I manager si muovono per l’energia. Rinnovabile. Lo scenario da raggiungere è quello di bilanciare le fonti d’approvvigionamento energetico italiane per raggiungere l’obiettivo di un mix energetico e su un’industria competitiva e sostenibile. Questa è ciò che la Commissione Energia di Federmanager ha definito all’interno di una proposta che è stata inviata al Governo durante il convegno “Le prospettive del sistema energetico italiano in un contesto sempre più globalizzato”.
«Serve un approccio complessivo per trasformare il rischio della cosiddetta tempesta perfetta in un’opportunità di crescita e di nuovi posti di lavoro», ha detto Sandro Neri, coordinatore della Commissione tecnica di Federmanager, rimarcando il nesso tra la sostenibilità ambientale e quella economica.
Secondo le stime di Federmanager e di Aiee, l’Associazione italiana economisti dell’energia, che saranno presentate a Roma il prossimo 22 marzo, se l’Italia si limitasse ai requisiti minimi richiesti dall’Ue, raggiungerebbe un taglio di solo il 19% delle emissioni. In particolare, secondo lo studio, per arrivare all’obiettivo del taglio del 40% delle emissioni al 2030 l’Italia dovrebbe puntare al 40% di fonti rinnovabili, rispetto al minimo indicato del più 27% e al meno 39% di consumi energetici, contro il meno 27% indicato da Ue. Insomma abbiamo un problema.
«Federmanager si candida a dare un contributo concreto alla definizione della nuova Strategia energetica nazionale (Sen) affinché parta un ciclo di investimenti mirati che faccia bene all’industria e all’ecosistema. Pensiamo al mondo che lasceremo, all’obiettivo di consentire alle famiglie un risparmio ma anche di rendere più efficienti settori produttivi importanti creando nuova occupazione», ha detto il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla.
Secondo, Stella Bianchi, della commissione Attività produttive della Camera, intervenuta all’appuntamento: «lo scenario oggi è al 2030 e al 2050: è indispensabile che la Sen sia inserita nell’ambito di una strategia climatica complessiva (come ha proposto di recente il Coordinamento FREE, N.d.R.). Gli incentivi dati negli anni andavano manutenuti; ora le rinnovabili sono diventate concorrenziali con le tecnologie tradizionali. Le fonti fossili costano molto in termini di danno alla collettività. Ed è questo il costo vero che va calcolato».
«Molto dipenderà da come gestiremo i nostri obblighi comunitari in una logica che non penalizzi la nostra economia. – ha detto Carlo Di Primo, Amministratore delegato di Aiee – L’Italia è estremamente in difficoltà a causa della dipendenza energetica dall’estero, ormai al 54% del fabbisogno. Successivamente il presidente di Aiee ha detto che: «secondo le stime del Winter Package (il piano su clima e rinnovabili presentato alla Ue a novembre 2016 e contestato per la sua debolezza dagli ambientalisti di tutta Europa), da un piano di investimenti europei pari a 177 miliardi l’anno in l’industria pulita “da qui al 2030 si creerebbero 900mila posti di lavoro e un +1% del Pil europeo».
«Secondo gli ultimi dati, tra il 1990 e il 2014 il consumo energetico delle famiglie è cresciuto del 45%. – ha detto Franco Mirabelli, della Commissione Ambiente del Senato – Un tema è produrre energia riducendo le emissioni di gas serra e anidride carbonica, un altro tema è ridurre il fabbisogno energetico e i consumi. Questo non significa invocare la decrescita felice, ma rendersi conto che della grande opportunità che si apre per le aziende e per il mercato».
«Oggi la Strategia energetica non può essere disgiunta dalla Strategia climatica. Da questo dipende il futuro del nostro Paese e la tenuta stessa dell’Europa», ha detto il direttore generale di Federmanager, Mario Cardoni. Vedremo nei fatti se il ministro Carlo Calenda sarà dello stesso avviso.
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