La frenata del fotone

Mentre le rinnovabili spiccano il volo in tutto il Mondo, in Italia sembra procedano al rallentatore

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di Sergio Ferraris*

Le rinnovabili in Italia vivono un momento, l’ennesimo, complicato. Normative intricate, stop & go e una volontà di fondo di limitarne il potenziale emergono sempre più spesso. Ne abbiamo parlato con Averaldo Farri, Direttore della divisione Green Innovation di Zucchetti Centro Sistemi, un’autorità dal punto di vista industriale, in fatto di rinnovabili in generale e di fotovoltaico in particolare.

Farri: mercato del fotovoltaico come va oggi?
«La situazione attuale del mercato non è delle migliori, soprattutto a seguito della saturazione causata dal Superbonus. Il settore residenziale, in particolare, sta attraversando una fase di rallentamento che in alcuni casi si traduce in una quasi totale paralisi. Anche negli altri segmenti, dove si sperava di vedere una crescita stimolata da iniziative come la Legge Industria 5.0 e con le comunità energetiche stiamo incontrando difficoltà nel raggiungere una piena maturazione. Questo è dovuto a una serie di incertezze normative e amministrative. In aggiunta, un certo clima politico contribuisce ulteriormente all’instabilità di un mercato che già di per sé presenta delle complessità. Un esempio emblematico è quello della Sardegna, dove la nuova amministrazione regionale ha imposto una sospensione totale delle nuove installazioni fotovoltaiche e persino i progetti precedentemente approvati sono ora soggetti a revisione, con esiti incerti. È dunque un periodo di forte turbolenza, come ne abbiamo già vissuti molti in passato. Operando nel settore da oltre vent’anni, posso confermare che questi cicli d’instabilità sono ricorrenti. Se in Italia ci fosse una maggiore capacità di pianificazione strategica e un approccio più serio e sistematico, soprattutto nel settore energetico, molti di questi blocchi e ripartenze potrebbero essere evitati. Tuttavia, dobbiamo confrontarci con la realtà attuale del nostro paese e accettare lo stato delle cose».

Dal suo punto di vista quali sono le prospettive al 2030 in Italia per il fotovoltaico e, più in generale, per le rinnovabili?
«Dobbiamo continuare a rispettare gli impegni presi a livello europeo, che riguardano anche il fotovoltaico. L’Italia ha fissato l’obiettivo di raggiungere 70 Gigawatt di capacità installata entro il 2030, successivamente posticipato al 2035, ma si tratta comunque di una soglia significativa. Attualmente, siamo circa a metà di tale obiettivo e se decidessimo di implementare seriamente questa quota ci sarebbe un potenziale di crescita considerevole per tutto il settore. Comunque, l’incertezza rimane. Oltre a ciò, c’è un sentimento diffuso a livello europeo riguardo alla possibilità di riaprire il dibattito sul nucleare. È importante ricordare che, nel settore energetico, le decisioni politiche hanno un peso enorme. Se l’Europa avrà la volontà e la determinazione di continuare a perseguire le politiche delineate nei documenti come il Green Deal europeo, credo che il mercato possa continuare a progredire e crescere da qui al 2030, nell’interesse dei cittadini. Non smetterò mai di sottolinearlo: le energie rinnovabili sono nell’interesse non solo dell’ambiente, ma soprattutto dei cittadini. Questi, insieme alle imprese, hanno la possibilità di installare impianti energetici per l’autoconsumo, riducendo i costi energetici a zero una volta ammortizzato l’impianto. Con i prezzi attuali, l’ammortamento degli impianti avviene molto rapidamente: per un’abitazione si può raggiungere in sei o sette anni, mentre per un’azienda il tempo può ridursi a tre o quattro anni. Questo è chiaramente un vantaggio per cittadini e imprese. Mi auguro soltanto che la politica non ponga ulteriori ostacoli e che si possa portare a termine l’impegno preso a livello europeo».

Dopo tanta attesa sono partite le CER. Come si sta sviluppando questo mercato e quali problematiche si incontrano?
«Al momento, il mercato delle comunità energetiche rinnovabili (CER) non sta evolvendo come previsto, principalmente a causa dell’attesa prolungata del decreto attuativo che ha impiegato circa due anni e mezzo per essere pubblicato. Durante questo periodo, sono stati compiuti sforzi significativi per preparare il terreno allo sviluppo delle comunità energetiche vanificati da una clausola che stabilisce l’ammissibilità solo per impianti costruiti dopo febbraio 2024. Questo vincolo implica che, anche se si volessero realizzare nuove comunità energetiche, sarebbe necessario costruire nuovi impianti, rendendo inutilizzabili tutti quelli progettati o costruiti nei due anni e mezzo precedenti all’entrata in vigore del decreto anche se erano destinati proprio a questo scopo. Questa scelta appare difficilmente giustificabile dal punto di vista tecnico ed è incomprensibile, a meno che non ci sia una precisa scelta politica per limitare lo sviluppo delle CER. È importante sottolineare che il modello delle comunità energetiche, così come è stato concepito, trasferisce tutti i benefici agli utenti che vi partecipano, in particolare a coloro che realizzano autoconsumo. Questo avrebbe potuto rappresentare un’enorme opportunità per enti come i comuni, le parrocchie, le organizzazioni benefiche e le ong, che avrebbero potuto beneficiare materialmente di questi progetti, redistribuendo la ricchezza generata dalla produzione di energia pulita. Eppure, il mercato delle comunità energetiche in Italia non è ancora decollato e la mancanza di impianti adeguati, dovuta alla necessità di costruirli ex novo, sta frenando lo sviluppo del settore che al momento resta di nicchia. In futuro, è probabile che assisteremo a una crescita, ma solo a mano a mano che verranno realizzati nuovi impianti conformi ai requisiti normativi».

Altra novità è l’agrivoltaico. Si è appena chiuso il bando. Che cosa è successo con questo bando e che cosa vi aspettate da questa nuova tecnologia?
«Questo bando, a differenza di altri, ha dimostrato di essere efficace. È stato progettato con un approccio semplificato, senza imporre troppi vincoli o limitazioni alla semplice installazione di impianti destinati alla produzione agricola, sia essa relativa a colture, frutteti o stalle con animali. L’obiettivo principale era incentivare la produzione agricola e, in questo senso, il bando ha raggiunto i suoi risultati, dando un significativo impulso al mercato. Nonostante le dimensioni limitate del bando, l’iniziativa ha offerto a molte aziende agricole l’opportunità di autofinanziarsi, permettendo loro di realizzare impianti per la produzione di energia pulita destinata all’autoconsumo aziendale. Questo ha rappresentato un vantaggio concreto per molte realtà agricole. Ritengo che questo bando meriti di essere riproposto e, possibilmente, ampliato per includere anche altri settori, in modo da estendere i benefici a un numero più ampio di imprese».

Si sta sviluppando un’opposizione al Green New deal in generale e alle rinnovabili in particolare. Pensiamo al caso Sardegna, ma non solo. Questo può precludere lo sviluppo delle rinnovabili in Italia?
«Sì, purtroppo, credo che questo fenomeno stia avendo un impatto molto significativo. Nel settore energetico, la certezza è fondamentale per chi intende realizzare un’installazione. Gli investitori vogliono avere chiara visibilità su quanto spenderanno, quali saranno i benefici attesi e, soprattutto, quale sarà il ritorno nel lungo termine. In questo momento, però, si sta diffondendo un sentimento d’opposizione verso le energie rinnovabili, quasi come se fossero esse a causare problemi come in Sardegna dove gli agricoltori si sono schierati contro le rinnovabili, dimenticando che molti di loro in passato hanno beneficiato economicamente dagli impianti realizzati, utilizzando terreni altrimenti non sfruttabili per l’agricoltura o la pastorizia. Stiamo assistendo a una sorta di narrazione che punta a presentare alternative, come il nucleare, come soluzioni rapide e miracolose. Recentemente ho letto un titolo che affermava che una centrale nucleare galleggiante potrebbe essere operativa in tre anni, dichiarazione che mi ha lasciato molto perplesso. Chiunque abbia proposto una simile idea dovrebbe avere il coraggio di presentare prove concrete, ma sono certo che finirebbe per fare una brutta figura. Il problema è che, a livello mediatico, sui social e in televisione, si stanno promuovendo visioni che, direttamente o indirettamente, limitano le rinnovabili. Questo può avvenire attraverso restrizioni tecniche, limitazioni all’uso effettivo o la promozione di fonti energetiche presentate come soluzioni miracolose, quando in realtà sappiamo che non lo sono. Sono pericolose e, anche se fossero disponibili, non lo sarebbero prima di vent’anni. Questo clima di incertezza porta chi è interessato a realizzare un impianto a esitare, ad aspettare per vedere come evolveranno le cose. E qui risiede il vero problema. Si creano due danni: uno alla collettività, perché chi non è ancora convinto dei benefici delle rinnovabili rischia di essere ulteriormente confuso e un altro al nostro interesse nazionale. Continuiamo a dipendere dall’acquisto di petrolio e gas, soggetti ai ricatti di chi controlla queste risorse, senza comprendere che la nostra unica fonte energetica sicura e di lungo periodo sono le rinnovabili. Finché avremo il Sole, avremo energia fotovoltaica. Non capisco perché ci sia un sentimento così diffuso di opposizione e sono certo che questa opposizione non può che danneggiare il settore».

*direttore di QualEnergia


Una versione sintetica di questa intervista è stata pubblicata sul numero 4/2024 di QualEnergia

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