Il treno non chiamatelo desiderio

Se sei fuori dalla rete della civiltà, quella della Tav, non hai più diritti. E il treno diventa un miraggio. Anche a Roma, Capitale d'Italia

stazione ostiense treno
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Roma, Viareggio, in treno. Non proprio due località sconosciute in Italia. La prima luogo di villeggiatura della monarchia sabauda, oggi patria di un carnevale abbastanza noto, la seconda, “solo” la Capitale d’Italia.

Insomma due luoghi noti alla geografia, anche sociale, italiana. Ma non vi venga in mente di tentare la traversata, tra un territorio che per le Ferrovie dello Stato equivale al deserto. Meno che mai se tentate di prendere il treno da quella che è “solo” la terza stazione della capitale: l’Ostiense.

Ma andiamo con ordine. Una madre con due figli tenta l’impresa. Vista anche la facilità, solo questa, di informarsi sul treno e sull’acquisto del biglietto.

Due giorni, l’infausta donna acquista il biglietto, per se e per i due figli, in prima classe, perché dopo un primo approccio che dava disponibile la seconda questa è esaurita, cosa di cui dubitare come vedremo in seguito, ma queste sono, forse, magie degli algoritmi.

Forte dell’acquisto – 53 euro – la cittadina si reca alla stazione Ostiense con un congruo anticipo rispetto all’arrivo del treno. E’ una domenica d’agosto, il 21 agosto per la precisione e la stazione è tutt’altro che deserta. è chiaro.

La stazione serve “solo” il bacino d’utenza di Roma Ovest – 800mila abitanti – è a ridosso del centro, è servita dalla metropolitana – caso raro a Roma visto la presenza di sole due linee – ed è a due passi dalla Piramide, Circo Massimo, Aventino e Colosseo. Insomma non proprio una stazioncina di campagna in un luogo sperduto della Pianura Padana. Con tutto il rispetto per l’italica padania.

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La biglietteria di stazione ostiense chiusa. Ore 11:00 domenica 21 agosto 2016

Con i 30°C all’ombra tipici di una metropoli mediterranea ai tempi dei cambiamenti climatici, la volenterosa signora arriva alla stazione Ostiense circondata da turisti, ecologisti con bici al seguito, giovani a fine ferie, con le proprie due piccole pesti eccitate dal prossimo viaggio in treno.

E con il più piccolo che per l’occasione si è anche portato un trenino: «Così il fa amicizia con il treno grande», afferma il dinosaurino da meno di un metro, che assomiglia a un bambino. Anzi lo è.

E qui, nella stazione Ostiense, sulla direttrice che costeggia la Strada Statale Numero 1, l’Aurelia, arriva in tutta la sua geometrica potenza l’Italia dei compartimenti stagni, quella dove nessuno ha competenze.

Già perchè mentre il biglietto possiede il numero del treno, l’11315, con tanto d’orario di partenza dalla stazione Ostiense, cosa che è confermata dall’orario cartaceo appeso solitario a una parete con la grafica austera degli anni ’60, sul più moderno e trendy tabellone digitale del treno non c’è traccia.

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L’orario cartaceo stile anni ’60. Ore 11:00 domenica 21 agosto 2016

E non c’è traccia nemmeno di un eventuale ritardo di tale treno. Con il tabellone che al massimo in questa domenica d’agosto riesce a fare un miracolo. Ma al contrario. 70 minuti di ritardo per il treno diretto a Lourdes. Che però, per miracolo, almeno esiste.

Ma nel 2016 obbedienti all’undicesimo comandamento che recita: «Non avrai altra connessione al di fuori di quella digitale», ecco che si recita il mantra. Si sfodera il proprio smartphone, dotato di App. Del resto non c’è un’App, nel 2016 per ogni cosa? E quella di Ferrovie dello Stato possiede anche il tasto “Stato dei treni”.

Si digita il numero del treno fantasma ed ecco che la tecnologia del sempre connesso, connessa a sua volta con il Gps, i sensori sulla rete e la localizzazione geografica cellulare, danno la posizione del treno, la sua storia sul percorso fatto e su quello da fare.

Il sistema risponde: «Treno non valido». E allora si ripete il numero, chi non sbaglia a digitare? Ma il responso è sempre lo stesso: «Treno non valido».

Ed ecco che allora è lo scontro tra due universi. Quello analogico, fatto di biglietti e orari cartacei e quello digitale fatto di assenza sul cartellone e sull’App. A rimarcare la sensazione che il treno chiamato desiderio, sia in realtà un treno retaggio del passato, appunto fantasma.

Del resto è comprensibile. E’ una tratta, quella Salerno, Roma, Viareggio, Genova e Torino, fuori alla Tav che porta in Europa. Quella Tav che collega la spina dorsale del paese, tra Milano e Roma, dove s’incrociano i destini della politica e dell’economia.

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Il tabellone digitale. Del treno 35110 non c’ traccia. Ore 11:22 domenica 21 agosto 2016

E chi è fuori da questa logica, e vive o vuole andare ai margini, perché dovrebbe ambire alla modernità. Territori e cittadini di serie B. Che si ostinano a vivere ai margini.

E già solo guardando Stazione Ostiense ci si rende conto che è già quella “terra straniera”. Stazione Ostiense è il punto d’arrivo, o di partenza di persone che stanno ai margini. Su una linea e per destinazioni marginali.

E ancora. E? il punto di partenza, o d’arrivo per gli stranieri che arrivano, carichi di bagagli, dall’aeroporto di Fiumicino. E che in Italia sono vissuto più come un fastidio da sopportare che una ricchezza.

Stazione Ostiense, con il suo degrado privo di vetrine scintillanti come Termini, dove ricchezza e povertà coesistono, è solo povertà.

E quella biglietteria chiusa alle 11 di una mattina d’agosto è il sigillo di questa povertà. Con Ferrovie dello Stato che in maniera esplicita ti dice: «Sei pagante visto che hai un biglietto, ma il tuo punto di partenza, come quello d’arrivo, sono sbagliati. E per noi non hai diritto nemmeno di un’informazione, di un conforto. Perché sei ai margini della rete ferroviaria. Ai confini della civiltà. E ti ci sei messo tu».

Di ferrovieri nemmeno l’ombra. Ed ecco che la signora con i figli si guarda attorno. Fuori dalla stazione ci sono i soldati del’esercito in assetto anti Isis, con un blindato accessoriato da buchi di ruggine. Ma non sono adatti ad ottenere informazioni. Troppa la distanza tra un parà e un ferroviere.

Ed ecco che all’orizzonte dello smarrimento si profilano altre due divise. Più vicine. Sono due agenti di polizia. Un uomo e una donna, al quale ci si avvicinano, i passeggeri alla ricerca del treno fantasma, quasi con discrezione.

Assetati di informazioni, ma consapevoli della violazione del ruolo dei poliziotti. E chiedono informazioni.

E qui arriva l’Italia che non ti aspetti. Quella empatica. Identica a quella dei Carabinieri del Tuscania che hanno insegnato peacekeeping ai marine a stelle e strisce nell’inferno dei Balcani, oppure a quella dei fisici esuli per evitare la miseria della ricerca italiana che sono in grado di affrontare con successo le analisi finanziarie della City di Londra.

Quell’uomo e quella donna in divisa ascoltano, senza alcun gesto di sufficienza, telefonano, e hanno i numeri giusti, e riferiscono. «Il treno arriverà con 90 minuti di ritardo. Non è visualizzato perché ancora troppo distante».

E a chi replica scusandosi perché sono state chieste informazioni al di fuori del loro ruolo, la donna in divisa, la poliziotta, replica: «È un dovere, per noi aiutare i cittadini».

È una risposta che ferisce. Ferisce per la consapevolezza della distanza tra loro e chi dovrebbe, anche solamente perché si è pagato un biglietto, assistere i viaggiatori. E lo sguardo torna alla biglietteria sprangata. Chiusa in maniera ermetica. L’ermeticità in contrapposizione all’empatia di chi ha un ruolo suo malgrado. Un ruolo che non dovrebbe avere, quello del capostazione, mentre possiede quello dell’agente di polizia.

Un’ora e mezza, senza sala d’aspetto, senza parchi pubblici, con due bambini. Ed ecco che l’unico “rifugio” è ancora una volta un privato, il bar, dove in cambio a una consumazione di pochi euro nessuno ti misura il tempo al tavolo, nella consapevolezza, tutta italiana, che se ci sono delle mancanze qualcuno dovrà supplire a ciò, e ancora una volta con una capriola di ruolo.

E infatti il bar diventa sala d’aspetto. Con i tavoli che assumono le sembianze di piedistalli d’attesa, sui quali personaggi diversi cercano il proprio ruolo, aspettando. Aspettando che passi il tempo che li separa dal viaggio.

Passa il tempo e si dilata. Il treno cambia nome e l’annunciatore della stazione, rigorosamente in solo italiano, non fa cenno, forse per pudicizia, alla variazione anagrafica del convoglio. E la madre con i due bimbi s’avvia lungo le scale, immobili, che portano al sottopasso. In compagnia di frotte di turisti pesanti, d’esperienze e di bagagli.

Già perché la scala mobile è sprangata da mesi, bloccata, rotta e quella discesa è l’unico punto d’accesso per i, treno che conduce anche verso l’aeroporto di Fiumicino. Porta d’ingresso, o d’uscita, alla capitale, per i turisti internazionali. Ed è un mix di corpi, bagagli, borse ed espressioni quello che contraddistingue questa scala.

stazione ostiense
La scala mobile. Ferma da mesi. Ore 11:25 domenica 21 agosto 2016

Questa piccola discesa non è una discesa all’inferno. Non ne ha la dignità. È piuttosto una discesa mediocre che aggiunge disagio al disagio. Un fatto di quelli che: «Sono pochi gradini. A chi vuoi che importi», o meglio che “freghi” come si dice a Roma. Già puoi ragionare così, fino a quando non sei obeso, carico di bagagli, zoppo o magari “solo” donna con figli. E sei comunque minoranza, rispetto ai ventenni palestrati che questi gradini nemmeno li vedono, mentre corrono mano nella mano, verso le spiagge di Fiumicino, dove li attendono i divieti di balneazione.

E alla fine dalla banchina si vede arrivare il treno. Un regionale con una ventina d’anni sulle spalle e che non vede traccia di pulizia ne fuori, ne dentro d’altrettanto tempo.

E non è il treno segnato sul biglietto che è la mappa sbagliata, sulla quale sono segnate tracce di posti a sedere inesistenti. E quindi è assalto. Assalto al posto libero, di un treno dove sono concentrati due treni. Assalto a una carrozza dove, nel 2016, sia funzionante l’aria condizionata. Assalto a un vagone dove l’aria fresca non porti con se i miasmi di bagni intasati.

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Il treno alla fine arriva, ma non è il 110135 di cui non c’ traccia, ma il 35112. Con già 5 minuti di ritardo in partenza Ore 11:37 domenica 21 agosto 2016

Ed è triste vedere i propri bambini camminare per un corridoio di un treno in partenza attraverso vetri sporchi da mesi, forse da anni. Ed è triste sentire la propria compagna al telefono esausta per aver voluto andare in vacanza e chiederti di cambiare nazione, dopo averti detto che ai 90 minuti in arrivo di ritardo, se ne sono aggiunti altri venti accumulati durante il tragitto.

Si. Non ti chiede di cambiare città, perché il treno viaggia dalla grande Capitale d’Italia alla civilissima Toscana patria di Dante Alighieri, ma stato, nazione. Ed è triste dire a se stessi che lei ha ragione. Ed è triste che tutto ciò per Ferrovie dello Stato, valga 13 euro.

In una mail asettica, da burocrate senza la minima empatia dove si fa il conto dell’efficienza e dell’inefficienza, e in base al proprio tariffario e alle proprie regole si decide che 110 minuti della vita, per non parlare del disagio, di tre persone valgono 13,35 euro. E ci si mette anche firma a questa comunicazione.

È triste.


Questa la copia della mail con la quale si comunica il rimborso.

Gentile [qui c’è il nome della cliente]

a seguito della sua domanda di rimborso con codice identificativo n. RN1-19724982445, le comunichiamo di aver autorizzato il rimborso per un importo pari ad euro 13,35.

Tale importo e’ stato calcolato applicando la seguente regola prevista dalle Condizioni Generali di Trasporto:

  • 25% del prezzo del biglietto per ritardi compresi tra i  60  e i 119 minuti in quanto il treno IC 35110/35112 il giorno 21 agosto era interessato da una modifica d’itinerario programmata che ha prodotto una variazione dell’orario di partenza da Roma T.(11.05 invece delle 09.57) e dell’arrivo a Viareggio (14: 39 invece delle 13:16). In questi casi l’informazione è diffusa tramite media, annunci sonori, locandine esposte in stazione e sul sito trenitalia.com alla voce Lavori\ritardi Programmati.

L’importo sara’ rimborsato tramite:

  • Storno sulla carta di credito utilizzata per l’acquisto nei tempi stabiliti dalla società emittente della carta e\o dal circuito bancario.

Cordiali Saluti

[qui c’è il nome della funzionaria] Divisione Passeggeri Long Haul
Commerciale e Contratto di Servizio Universale


Ps: Se l’articolo vi è piaciuto condividetelo sui social. Si tratta di una forma di “retribuzione” attraverso la distribuzione. Un modello che in un prossimo futuro potrebbe diventare importante e darvi in mano il successo, o l’insuccesso di un autore. E selezionare così informazione di qualità. Per ora una piccola sperimentazione. 

Mi scuso per i lettori per la bassa qualità delle immagini. Sono state scattate con uno smartphone e non con la reflex che uso di solito. Del resto non stavo lavorando ma ero “solo” ad accompagnare la mia famiglia alla stazione.

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